
Da quando vivo in Francia sono zia di numerosissimi nipotini, parte della famiglia del mio compagno. Non ho figli, per scelta, quindi ho iniziato a chiedermi che tipo di relazione potessi instaurare con questi bambini, che amo tutti moltissimo. Sono una zia che non riesce mai a fare i regali nel giorno giusto, o a ricordare tutte le date dei compleanni. Ma durante il confinamento per il Covid ho iniziato ad aiutarli a fare i compiti, vedendo che i genitori non ce la facevano, e sono stati contenti di entrare nel mio mondo, per loro così strano.
I miei ricordi d’infanzia e adolescenza in Abruzzo, dove abitavamo, sono fondamentalmente quelli della famiglia stretta, che ho sempre provato ad aprire. Ho fatto entrare a casa nostra gente di ogni genere, per rompere questi argini che sentivo soffocanti. E quando sono riuscita a stare lontano da casa per periodi più lunghi ho iniziato ad incontrare anche persone più adulte che, per mia sorpresa, non si occupavano necessariamente di figli o doveri dalla mattina alla sera, avevano tanti interessi e voglia di trasmetterli.
Una tra tutte Anna, una persona incredibilmente vitale, una vera attivista di una volta. Una di quelle che spende tutti i suoi soldi per comprare l’impianto audio per una manifestazione o passa tutto il giorno a scrivere cartelloni; che col suo compagno ha ospitato e accolto tanti di noi, in tutte le situazioni; che mi ha insegnato a cantare. Poi c’era zia Rina, che da un piccolo paese aquilano isolato era andata a studiare a Firenze nel ’68; mi raccontava sempre delle sue avventure ed era consumatrice militante di marjiuana, in tempi in cui i discorsi sulla liberalizzazione non erano comuni in provincia. Erano persone che avevano 50 anni quando io ne avevo 20, e vedere che a quell’età si può essere ancora in preda a fatti della vita irrisolti, che si va e viene, mi ha insegnato che c’è sempre possibilità di scelta, assumendocene le conseguenze; senza seguire per forza uno schema già dato. Con le mie zie ‘naturali’, le sorelle di mia madre, il rapporto si è interrotto nell’adolescenza – in particolare con la sorella più piccola, quando lei ha scelto di proteggere il suo matrimonio e mio zio, che è stato una figura violenta che ha abusato della sua posizione a discapito mio e di mia sorella, e abbiamo poi scoperto che metteva in difficoltà anche mia madre con le sue avances. Quando questo calderone è esploso mia zia avrebbe potuto liberarsi di questo fardello, e invece ha scelto lui piuttosto che sua sorella, con la quale si sentiva in competizione. Saranno quasi vent’anni che non la vediamo. Nonostante tutto ho una sorta di compassione per lei: si è sposata giovane, non ha mai lavorato, è come se fosse rimasta piccola. Sicuramente non è lei il tipo di zia che voglio essere.
Voglio rendere omaggio invece a quelle ‘zie’ che possono entrare nell’intimità e nel funzionamento quotidiano della famiglia, pur potendo discostarsene: importantissimo per creare una società in cui la famiglia non replichi modelli limitanti ma diventi un luogo di crescita, largo e ricco. (aname)

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